Intervista all’Onorevole Carlo Lucherini
Consigliere Regionale alla terza legislatura, candidato al Senato per il Partito Democratico, l’Onorevole Carlo Lucherini è certamente un profondo conoscitore del tessuto sociale del Nord Est romano. SalutePiù lo ha intervistato per raccogliere la sua opinione sulla stagione problematica attualmente vissuta dal Servizio Sanitario Nazionale e sulle possibili soluzioni.
Da circa due mesi il dibattito sulla sostenibilità economica del Servizio Sanitario Nazionale occupa le pagine dei giornali. Il Lazio è tra le regioni dove la situazione è più critica. Qual è la sua opinione ?
Innanzitutto vorrei che fosse chiaro che, per quanto mi riguarda, il Servizio Sanitario Nazionale gratuito per tutti coloro i quali, per reddito o malattia, ne abbiano diritto è un fatto irrinunciabile. Una testimonianza di civiltà sociale ed uno dei cardini del nostro welfare. Ciò detto, è fuor di dubbio che la Regione Lazio abbia, relativamente alla gestione economica del suo Servizio Sanitario, un disavanzo storico che va recuperato per portare in pareggio il sistema ed assicurare allo stesso una sostenibilità di lungo termine. Spero che questa prossima legislatura segni il raggiungimento di questo traguardo, ma in un’ottica di equità e non di tagli trasversali indiscriminati.
Nello specifico, quali sono le misure necessarie per salvaguardare il Servizio Sanitario della Regione Lazio ?
Esiste un problema che chiamerei di “equilibrio territoriale”. In altre parole, mentre la città di Roma vede una concentrazione eccessiva di posti letto, le provincie, compresa quella di Roma, risultano carenti. Se pensassimo di attuare le chiusure di ospedali annunciate in questi anni ed ancor più in questi ultimi mesi, ad esempio, ci ritroveremmo con un’area grandissima, che si estende da Civitavecchia a Tivoli ed ospita 800.000 persone, senza un ospedale al suo interno. Invece, a noi serve di riorganizzare la presenza degli ospedali dotando quest’area di due grandi poli, uno per la Valle del Tevere ed uno per i Castelli. Poi c’è il problema della riconversione delle strutture: noi dobbiamo ampliare la rete delle strutture territoriali e l’assistenza domiciliare. Il Lazio in questo è carente ed è questa mancanza che genera da parte dei cittadini il ricorso eccessivo ed eccessivamente costoso agli ospedali.
Parlando di rete territoriale, le politiche sanitarie regionali di solito ignorano le strutture private-accreditate. Eppure, nel Lazio, abbiamo 610 strutture ambulatoriali capillarmente disposte sul territorio ed in grado di fornire un’assistenza efficace ed a costi contenuti per la Regione. Vedremo finalmente un’integrazione tra Pubblico e Privato ?
Guardi, secondo me, anche in questo caso, esiste un problema di riequilibrio. Nel Lazio la presenza dei privati-accreditati e delle strutture religiose è eccessiva. Dunque, se da un lato è assolutamente necessario integrare tra di loro tutte le organizzazioni che operano all’interno del Servizio Sanitario Regionale, dall’altro è necessario riequilibrare la presenza dei privati e degli enti religiosi.
Come ha evidenziato prima, rispetto a chi vive a Roma, gli abitanti di centri più piccoli o, addirittura, delle aree rurali, trovano maggior difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari. Soprattutto a quei servizi di “continuità assistenziale” finalizzati a seguire il paziente dimesso dall’ospedale oppure che abbia necessità di assistenza domiciliare. Quali soluzioni andrebbero implementate ?
La soluzione è per me molto chiara, anche perché non dobbiamo inventarci nulla ma semplicemente riprendere quanto già si è fatto in altre regioni, ad esempio in Toscana, dove, se da un lato gli ospedali più piccoli sono stati chiusi, dall’altro si è proceduto a rafforzare la rete dei servizi territoriali. Questi ultimi devono assolutamente essere integrati con gli ospedali in modo tale da garantire proprio quella “continuità assistenziale” a cui lei si riferiva. Procedere, invece, a chiudere gli ospedali senza costruire una rete territoriale adeguata vuol solo dire peggiorare l’offerta di servizi sanitari nella nostra regione cosa che non è in alcun modo accettabile.