Intervista Bruno Ferraro, Presidente del Tribunale di Tivoli
Dal 2009 Presidente del Tribunale di Tivoli, Bruno Ferraro è stato nei 16 anni precedenti Presidente del Tribunale di Cassino prima e di Velletri poi.
Docente universitario dal1979, ha insegnato Procedura Civile presso la LUISS dove è stato Titolare dal 2003 al 2005 della Cattedra di Ordinamento Giudiziario.
Lions dal 1972 e Governatore del Distretto 108L (Lazio, Umbria e Sardegna) nell’anno sociale 1994-95. Nel 2010-11 è stato relatore per il tema nazionale di studio “La Costituzione: conoscerla per amarla” tenendo innumerevoli incontri con studenti di ogni ordine e grado che gli hanno valso il Riconoscimento del Presidente Internazionale Lions.
E’ cittadino onorario di Cassino ed Albano Laziale.
Presidente Ferraro, nello scorso mese di ottobre lei ha celebrato il decennale del Tribunale di Tivoli. Vogliamo iniziare a parlarne partendo proprio dalle motivazioni della sua istituzione ?
Certamente, anche se è necessario inquadrare quel momento nel suo contesto che fu quello di un passaggio epocale nell’organizzazione della Giustizia in Italia. Infatti il decreto legislativo 51 del 1998 aboliva la figura del Pretore – che era un giudice monocratico responsabile tanto della giurisdizione civile che penale – sostituendola con il giudice di Tribunale denominato anche giudice unico di primo grado. Fu così che Tivoli, sede di Pretura, divenne sede del Tribunale di cui abbiamo celebrato il decennale. Per la precisione, l’istituzione del Tribunale avvenne nel 1999 per divenire operante l’1 ottobre 2001 e negli anni immediatamente successivi si avviò l’attività vera e propria. L’obiettivo era di ridurre il notevolissimo carico di lavoro che gravava sul Tribunale di Roma costituendo un tribunale che amministrasse la giustizia su una vasta area composta da 75 comuni e che all’epoca contava una popolazione di 230.000 abitanti divenuti oggi oltre 500.000.
Si trattò dunque di una scelta felice in termini di organizzazione del sistema della Giustizia.
Si, senz’altro, anche perché Tivoli venne poi articolata nelle sedi distaccate di Palestrina, Castelnuovo di Porto. Quindi in termini di snellimento degli iter processuali e di avvicinamento della Giustizia ai luoghi di residenza dei cittadini la risposta è positiva. Purtroppo, però, già all’epoca non si tenne sufficiente conto del volume dei procedimenti esistenti e del forte aumento di attività che la crescita della popolazione avrebbe generato. Così il Tribunale di Tivoli partì con una pianta organica fin da subito insufficiente: basti pensare che il Tribunale di Roma vantava all’epoca un organico di 379 magistrati, ovvero un giudice ogni 6.600 abitanti, mentre a Tivoli vi era un giudice ogni 23.000 abitanti. Infatti, secondo il Ministero della Giustizia, dopo due anni dall’inizio delle attività, questo Tribunale era già il secondo in Italia per carico di lavoro nel rapporto giudici-affari giudiziari.
Ed il problema sussiste ancora oggi ?
Purtroppo si, e questo mi porta immediatamente ad affermare come la cosiddetta “crisi della giustizia” non possa essere affrontata intervenendo sulle sole norme di procedura ma esiga interventi strutturali sugli organici e sulle risorse, poiché un numero di magistrati e dipendenti delle cancellerie e risorse materiali adeguati all’obiettivo da raggiungere sono essenziali. In altre parole, semplificare o rendere più rapide le procedure giudiziarie è evidentemente utile, ma è necessario comunque che le risorse siano commisurate ai carichi di lavoro. Detto questo, però, mi fa immenso piacere poter dire come tutti coloro che operano all’interno del Tribunale di Tivoli lo facciano con un impegno che in qualche misura riesce a compensare l’esiguità degli organici.
Immagino che oltre al “problema organici” ne esista anche uno di risorse finanziarie ?
Si, le risorse finanziarie sono anch’esse inadeguate. Però qui mi lasci rappresentare una realtà unica in Italia, quella di aver ricercato, e trovato, un numero significativo di sponsor che si sono fatti carico delle esigenze del Tribunale. Direi che abbiamo fatto di difetto virtù e che il senso civico dei tiburtini ha consentito di far fronte ad esigenze che vanno dalla cancelleria agli interventi di restauro degli edifici storici che il Tribunale occupa. Si può quasi affermare che, qualora messo alle strette, il Tribunale di Tivoli potrebbe tentare di funzionare a costo zero. Non riesco a trattenere una battuta: tra gli sponsor ci sono pure io. Infatti, i fondi disponibili per il carburante dell’auto di servizio del Tribunale sono stati sufficienti solo peri primi sei mesi dell’anno e quindi la benzina la pago di tasca mia !
Presidente, lei ha alle sua spalle un percorso da magistrato più che quarantennale (per l’esattezza 44 anni). Prima accennava alla cosiddetta “crisi della giustizia”. Posso provare ad allontanarmi da Tivoli e discutere con lei di alcuni aspetti della giustizia italiana che credo lascino spesso i cittadini perplessi ?
Io non ho problemi. Faccia lei. Credo che non mi avvarrò della “facoltà di non rispondere”
Allora, Presidente Ferraro, ci aiuti a capire cosa sta succedendo. Penso alla vicenda Amanda Knox. Il giorno della sentenza d’appello le dichiarazioni ai media dei Pubblici Ministeri mi hanno fatto pensare che l’imparzialità ed il necessario distacco dagli imputati fosse venuto meno. Mi sono detto: ma è giusto che un PM tratti in televisione un imputato assolto come se fosse un assassino di fronte a mezzo pianeta Terra ? Che serenità potrebbe avere se, passato da PM a Giudice, dovesse giudicare un imputato ? Comportamento pubblico del magistrato e distinzione delle carriere sono questioni importanti per risolvere la “crisi della giustizia” ?
Provo a darle risposte chiare e comprensibili anche per i non addetti ai lavori.
Il comportamento dei PM da lei indicato è deontologicamente scorretto e professionalmente discutibile, poiché mette in discussione il principio del rispetto delle decisioni del giudice a prescindere dal diritto della parte insoddisfatta di impugnare nei gradi superiori. Tale comportamento, se assunto nell’immediatezza (a caldo) e di fronte ad una platea televisiva, lascia interdetti e sconcertati.
Ciò detto, la separazione delle carriere ne riceve concreta giustificazione, perché sta ad evidenziare che il Pubblico Ministero è una parte, si comporta da parte e come parte va trattata.
Approfitto della sua franchezza per un’ultima domanda che riguarda la responsabilità del Magistrato di fronte all’errore giudiziario e la responsabilità del PM di fronte a indagini che dopo grande clamore mediatico portano ad un nulla di fatto. Per esempio Vittorio Emanuele di Savoia, arrestato con grande clamore e poi nemmeno rinviato a giudizio. Il CSM interviene su questo tipo di errori ? La “meritocrazia” si applica anche ai Magistrati ? Il cittadino come viene risarcito ?
Si tratta di una pluralità di domande che richiedono un discorso ben più ampio di una risposta sintetica.
Il Pubblico Ministero che conduce un’ indagine a senso unico contravviene ad una precisa norma del codice che gli impone di ricercare ad un tempo le prove della colpevolezza ma anche dell’innocenza. Se l’indagine è a senso unico, pur potendo condurre a risultati diversi, si è in presenza di una funzione deviata che andrebbe discussa ed anche censurata innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura. Esagererei se dicessi che così avviene anche nella pratica!
Quanto alla meritocrazia se ne fa un gran parlare ma alla prova dei fatti i magistrati sono tutti bravi salvo limitatissime eccezioni e non è stato ancora adottato un metodo per “pesare” le decisioni ed i processi in cui esse si inseriscono.
Il cittadino ha diritto ad essere risarcito di fronte a situazioni riconducibili al dolo od alla colpa grave del Magistrato. Poiché però dell’errore risponde in prima battuta lo Stato, il Magistrato è in un certo senso coperto e garantito finendo per attribuirsi alla sua indipendenza un carattere assoluto che disattende il principio della responsabilità.
Penso di essere stato chiaro e mi complimento con lei per la qualità delle domande che ha voluto pormi.