Intervista ad Antonio Catania, docente di Chirurgia Generale e Sindaco
Antonio Catania, chirurgo e docente di Chirurgia Generale presso l’Università di Roma “La Sapienza”, è da circa un anno e mezzo sindaco di Montelibretti. SalutePiù lo ha incontrato per affrontare il delicato tema dei servizi sanitari territoriali.
Sindaco Catania, mi lasci approfittare della sua duplice qualità di sindaco e di medico, per iniziare chiedendole quali siano le priorità in termini di servizi sanitari da assicurare ad una comunità di 5.000 abitanti.
Per risponderle è necessario partire da una presa d’atto dello stato di fatto: i mezzi finanziari a disposizione della Regione Lazio sono limitati e lo saranno ancor di più in futuro, ciò a fronte di una domanda di salute da parte della cittadinanza crescente anche in funzione dell’aumento dell’aspettativa di vita. Dunque, diviene necessario costruire un modello nuovo dove la cura della grandi patologie venga accentrata in relativamente pochi centri d’eccellenza strettamente connessi, però, con i territori di provenienza dei pazienti. Viceversa, i servizi di natura amministrativa ed anche in parte di quelli sanitari devono essere avvicinati alle case dei cittadini in modo da minimizzare gli spostamenti.
Ovviamente, per un comune delle nostre dimensioni ed in considerazione di quanto appena detto, diviene cruciale il ruolo dei medici di famiglia proprio per garantire un’assistenza medica di assoluta prossimità. Qui debbo dire, con piacere, che i nostri medici offrono ai cittadini un livello di servizio veramente elevato.
Un problema lo abbiamo invece nel campo della pediatria dove, nonostante vi siano oltre 600 residenti in età pediatrica, non è presente un pediatra di libera scelta. Il problema nasce dai parametri sulla base dei quali le ASL assegnano al territorio tale servizio, ma mi sto impegnando per poter avere la presenza di un pediatra anche qui da noi.
Tornando ai ragionamenti generali, se parliamo di accentramento della cura delle grandi patologie dobbiamo, per converso, garantire trasporti agevoli e veloci. Dunque, un comune come il nostro deve costruire accordi con organizzazioni quali la Croce Rossa e la Protezione Civile ed individuare un elisuperficie per le emergenze. Questo è, peraltro, quello che stiamo facendo per Montelibretti.
Ed in termini di servizi sociosanitari ?
E’ chiaro ormai a tutti che servizi sanitari e servizi sociali sono due facce della stessa medaglia. Parliamo soprattutto di servizi agli anziani ed assistenza sanitaria domiciliare. Nel nostro caso,la ASL RMG offre un servizio che giudico abbastanza valido, certamente sufficiente. Come in ogni cosa esistono spazi di miglioramento, ma abbiamo già compiuto dei passi importanti. Un passaggio importante sarebbe quello di avviare a soluzione il tema delle “dimissioni protette”, ovvero individuare strutture sul territorio, vicine al luogo di residenza dei pazienti, dove questi ultimi possano trascorrere la convalescenza una volta dimessi dagli ospedali con la garanzia di controlli medici ed assistenza adeguati
La riforma del Sistema Sanitario proposta dal Ministro Balduzzi ed approvata dalla Camera il 18 ottobre, individua negli studi associati dei medici di famiglia, lo strumento per garantire un’assistenza sanitaria H24. Si tratta di un modello che può funzionare in un comune delle dimensioni di Montelibretti ?
Il modello in sé può anche avere senso in un paese delle nostre dimensioni ma è chiaro che qui le dinamiche sono ben diverse da quelle di una grande città. Mi lasci dire che a Montelibretti l’etica professionale ha precorso il Ministro. L’assistenza H24, grazie all’impegno dei nostri medici di famiglia, in realtà c’è sempre stata, come avviene anche in altri piccoli centri.
Si tratta poi però anche di capire come dare a questi studi anche apparecchiature diagnostiche piuttosto che la capacità di effettuare attività di primo soccorso.
Infatti, premesso quello che ho appena detto circa Montelibretti, credo che sia necessario anche ragionare sulle finalità e sulla fattibilità del provvedimento Balduzzi. Se la finalità è quella di ridurre i codici bianchi ed alleggerire i pronto soccorso è necessario effettivamente valutare prima se esistano le risorse e le strutture per farlo: altrimenti si rischia di individuare soluzioni teoricamente valide ma praticamente di difficile attuazione. Insomma, se da un lato il senso etico dei medici è sempre presente ed ispira il loro agire, dall’altro il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire i supporti necessari
Nello scenario, che si è andato delineato in questi ultimi tre o quattro anni, a prima sensazione, mi sembra che la capacità decisionale comuni sia rimasta come “schiacciata” tra i vari tagli e piani di rientro: Regione e Ministero del Tesoro sembrano ormai avere solidamente in mano il potere di qualsiasi decisione di programmazione della sanità territoriale..
Evidentemente, la politica sanitaria nazionale e regionale necessita di livelli di coordinamento che potremmo chiamare “centrali” i quali, tra l’altro, garantiscano i cosiddetti Livelli Essenziali d’Assistenza che sono uno dei punti fondanti del nostro welfare. Detto questo, il problema è però quello di garantire ai cittadini una facilità d’accesso ai servizi sanitari, cioè una adeguata ed ottimizzata distribuzione dei servizi stessi sui territori. Ritorno ai medici di famiglia: la loro opera è eccellente, ma devono avere un importante sostegno dal “centro”, non possono essere lasciati soli in mezzo al mare. Pertanto, il comune deve ritrovare a buon diritto il suo ruolo nell’ambito della programmazione sanitaria territoriale: non può essere costretto a patire dalla ASL o dalla Regione la disponibilità dei servizi, deve essere chiamato intorno al tavolo per condividere le scelte. Questo un tempo esisteva: quando le ASL si chiamavano ancora USL, i sindaci avevano un ruolo specifico e formalmente riconosciuto nell’ambito della programmazione territoriale ed è a quel modello decisionale che occorre ritornare.