Astrociti contro Alzheimer e Parkinson
Gli astrociti, così denominati per la loro tipica forma a stella, sono una famiglia di cellule del cervello. Gli astrociti sono stati a lungo considerati mero ‘collante’ che riempiva gli spazi tra neuroni. Sono state definite cellule non eccitabili perché non possono generare e propagare l’impulso bioelettrico nello stesso modo dei neuroni.
Anche per questo, la nostra visione del cervello è tipicamente neurone-centrica. Oggi, però, sta emergendo come proprio la visione neurone-centrica delle funzioni e disfunzioni cerebrali sia da ritenere sorpassata. Infatti, ciò che rende diverso il nostro cervello da quello di altri mammiferi, non è il numero o la struttura dei neuroni, bensì quella di altre cellule: gli astrociti, appunto.
Astrociti: supportano memoria e apprendimento
Ora, uno studio condotto da Cnr Isof e Cnr-Ismn e pubblicato su Advanced Healthcare Materials dimostra che anche gli astrociti, e non solo i neuroni, rispondono al campo elettrico applicato dal dispositivo organico, e che è possibile stimolare e modulare l’attività degli astrociti applicando un campo elettrico estremamente piccolo.
“Adesso si sa che gli astrociti comunicano tra loro tramite segnali ed onde di calcio, e che questa forma di eccitazione è fondamentale per il corretto funzionamento dell’attività neuronale, per esempio, nella memoria e nell’apprendimento – dice Valentina Benfenati di CNR Isof – la disfunzione di questi segnali è implicata in patologie come Alzheimer, Parkinson, Ictus ed Epilessia. Il problema nello studio degli astrociti è di tipo tecnologico, infatti nella ‘neuro’ ingegneria gli strumenti attualmente disponibili sono progettati e mirati esclusivamente per lo studio dei neuroni”.
Disturbi cognitivi: intervenire sugli astrociti
“Il lavoro pone le basi per una visione radicalmente nuova, ovvero che sia possibile generare tecnologie che mirino alla modificazione o al ripristino di attività cerebrali, non avendo come target i neuroni bensì le cellule non neuronali. Poiché gli astrociti costituiscono la maggioranza delle cellule cerebrali umane e, considerate le numerose malattie del cervello in cui queste cellule sono coinvolte, questo lavoro apre uno scenario che può cambiare il nostro modo di comprendere e stimolare, manipolare la funzionalità del cervello”, prosegue Benfenati.
Molecole biocompatibili per curare il cervello
“Il nostro lavoro apre la strada all’utilizzo di tecnologie organiche, cioè basate su molecole, biocompatibili per la comprensione del funzionamento e la cura di malattie del cervello“, prosegue Stefano Toffanin di CNR- Ismn.
“Abbiamo utilizzato un approccio che si sta rivelando vincente per affrontare tematiche così complesse come i meccanismi di funzionamento del cervello. Integrando in un singolo gruppo di lavoro competenze multidisciplinari che vanno dalla chimica, alla scienza dei materiali, alla fisica dei dispositivi, alla biologia e all’elettrofisiologia neurologica, siamo riusciti ad aprire uno scenario che può cambiare il modo di comprendere, stimolare e modulare la funzionalità del cervello. La strada per l’utilizzo della tecnologia organica per approcci terapeutici innovativi è tracciata”, conclude Michele Muccini di CNR- Ismn.