Fabio Sturani: più spazio ai sindaci per la programmazione e gli interventi sul territorio
Cosa ne pensano i Sindaci del momento di profonda trasformazione che attraversa la sanità italiana? Quale dovrebbe essere il loro ruolo nella gestione del sistema ? SalutePiù lo ha chiesto a Fabio Sturani, Segretario Generale di Federsanità ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) la quale ha come suo obiettivo fondamentale proprio quello di fungere da momento di aggregazione tra Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere e Conferenze dei Sindaci ed agire in rappresentanza dei Comuni per assicurare i percorsi di integrazione socio-sanitaria e socio-assistenziale.
Segretario Sturani, in attesa del nuovo Governo sono già in campo da più parti proposte su come far evolvere il nostro SSN. Poiché la parola “territorio” è il leitmotif comune a tutte e visto che oneri ed onori della gestione dei territori alla fine ricadono sui sindaci, i sindaci italiani hanno una loro proposta specifica?
Chiaramente vi è la necessità per il Paese di avere un governo anche per le questioni legate alla sanità e al funzionamento complessivo del servizio sanitario nazionale. Si tratta di un settore pesantemente colpito dai tagli, cosiddetti lineari, negli ultimi anni e questo ha imposto e impone un processo di riorganizzazione obbligatorio per rientrare dal deficit in molte regioni. In questo contesto il territorio svolge un ruolo fondamentale e centrale nel passaggio da un sistema sanitario tradizionalmente incentrato sugli ospedali ad un sistema sanitario che punta sui servizi da erogare sul territorio tramite la opportuna organizzazione dell’assistenza domiciliare. Si, quindi, alla revisione della spesa, ma salvaguardando l’efficienza dei servizi sanitari e la qualità dell’assistenza.
Nell’arco dell’ultimo decennio, la gestione della sanità si è sempre più accentrata in sede regionale lasciando poca o nessuna capacità decisionale in mano ai sindaci. Ritiene necessari dei correttivi?
Sicuramente il ruolo dei sindaci è da rivedere nell’ambito delle attività e delle competenze delle Conferenze dei Sindaci non solo per ciò che concerne la rendicontazione economica ma anche per quel che riguarda la programmazione e gli interventi sul territorio attraverso la rete socio-assistenziale. E’ necessaria una giusta sinergia per integrare tra loro i diversi attori che operano sul territorio e migliorare il sistema dell’assistenza sanitaria, soprattutto se si guarda all’aumento delle patologie congenite e/o degenerative cui spesso conseguono stadi di cronicità, e all’invecchiamento della popolazione. Bisogna cambiare il punto di vista e passare dal “curare” al “prendersi cura” e migliorare la qualità di vita delle persone fragili: malati cronici, disabili, non autosufficienti. La competenza regionale non è assolutamente messa in discussione ma bisogna garantire capacità di programmazione e risorse ad un sistema che negli ultimi anni ha subito pesanti tagli.
Esiste un tema specifico legato all’accesso ai servizi sanitari in territori caratterizzati da piccoli paesi ed insediamenti rurali, certo più complesso rispetto ai grandi centri urbani. Si tratta di un problema effettivo ? In quali dimensioni e con quali possibili soluzioni?
Assolutamente si, se si considera che i 2/3, circa 5700, dei comuni italiani sono sotto i cinquemila abitanti. Va quindi garantita la qualità dei servizi organizzando le reti ospedaliere sul territorio attraverso un modello organizzativo caratterizzato dalla concentrazione dell’assistenza a elevata complessità in centri di eccellenza, supportati però da una rete di servizi cui compete la selezione dei pazienti e il loro invio a centri di riferimento. In questo contesto va valorizzata e implementata la strada dell’innovazione attraverso l’utilizzo di servizi quali la telemedicina e, al contempo, anche la sinergia con i medici di base e i pediatri di libera scelta.
Almeno da vent’anni, la Sanità italiana vive della dicotomia – tutta ideologica – tra pubblico e privato. Qual’è la posizione di Federsanità su questo punto ? L’ambulatorietà privata-accreditata, che in alcune regioni ha una notevole capillarità sul territorio, può rappresentare una opportunità per garantire la continuità assistenziale ed un SSN più vicino alla “porta di casa” del Paziente?
Bisogna superare la visione ideologica. Il Ssn deve garantire accesso a tutti. Il pubblico deve governare e, dove occorre, avvalersi del privato.
I fondi sanitari integrativi rappresentano ormai una realtà che si va sempre più consolidando nel nostro paese. Finanziano una componente non trascurabile della spesa sanitaria dei cittadini. In che modo possono essere di supporto al SSN ed alla “domanda di salute” dei cittadini?
Il sistema di welfare basato sulla famiglia appare non sostenibile per il forte aumento di persone anziane e non auto sufficienti. Inoltre il nostro Paese vive un momento di intensa trasformazione dell’intero settore sociosanitario, dovuto – come già detto – alla contrazione delle risorse finanziarie disponibili e al progressivo aumento della domanda di servizi legato a diversi fattori, primo fra tutti appunto l’invecchiamento della popolazione. Ribadisco che la strada da seguire è quella del maggiore coordinamento tra politiche sanitarie e politiche sociali per un approccio integrato, anche per ciò che riguarda l’utilizzo di fondi sanitari integrativi. Non devono esserci doppioni, ma servizi complementari e adeguate prestazioni laddove il pubblico non riesca a garantirle.