L’alimentazione nella Bibbia
Bibbia e cibo: esiste una relazione? Certamente si: dalla pesca miracolosa alle nozze di Cana, banchetti, cibo e bevande sono descritti un po’ ovunque nei Vangeli e nella vita di Gesù. Il Testo Sacro non è certamente un libro di ricette ma, attraverso le vicende presentate nelle sue pagine, offre preziosi spunti teologici ed antropologici per comprendere l’evoluzione delle abitudini e dei comportamenti dell’uomo.
Se ci fermiamo un attimo a riflettere, il ministero di Gesù inizia proprio con un banchetto, le nozze di Cana (come si evince dal Vangelo di Giovanni) e termina con un pasto, l’Ultima Cena. Anche negli incontri che i discepoli hanno con Gesù dopo la sua Risurrezione i pasti giocano un ruolo fondamentale. Basti pensare al pane spezzato sulla via di Emmaus e la pesca miracolosa nel mare di Galilea.
Bibbia: quale modello alimentare?
Quale modello alimentare è possibile riscontrare nella Bibbia? Come sarà stato un pasto tipico di Gesù e dei suoi discepoli? Cosa mangiavano e cosa bevevano nei tempi descritti dalla Bibbia ?
In linea di massima l’alimentazione tipica di un ebreo del medio oriente si basava essenzialmente sul pane come sostengono Douglas Neel e Joel Pugh autori di “The Food and Feasts of Jesus: Inside the World of First Century Fare”. Gli autori passano in rassegna i pasti di Gesù nel mondo degli alimenti del I secolo e il pane risulta l’alimento base sia per i ricchi sia per i poveri. Si produceva quotidianamente e si consumava ad ogni pasto. “Quando finiva il pane era finito tutto”, scrivono gli autori.
‘?kal e esthí?: mangiare nell’Antico e Nuovo Testamento
Nella Scrittura sono due i verbi adoperati per indicare la parola mangiare: ‘?kal e esthí? o fágomai. Il verbo ebraico ‘?kal è adoperato nell’Antico Testamento e indica l’atto quotidiano e vitale del “mangiare”, l’atto che determina
nutrimento. Questo verbo ricorre ripetutamente nel racconto della caduta di Adamo ed Eva (Gn 3) originata dalla trasgressione dell’ordine divino di non “nutrirsi” dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Nel Nuovo Testamento invece sono utilizzati i verbi greci esthí? e fágomai che indicano il mangiare un alimento che si è guadagnato cioè prendere cibo: il frutto di un albero, la carne in particolare la carne sacrificata agli idoli, i pani dell’offerta, la manna, le briciole che cadono dalla tavola di un ricco, la Pasqua, la cena del Signore, il pane spezzato.
Antico Testamento e cibo
Già nell’Antico Testamento si trovano molti riferimenti all’alimentazione dei patriarchi. Isacco coltivava grano (Gn 26,12) e Giacobbe mandò i suoi figli in Egitto durante la carestia per acquistarne (Gn 42-44).
Esaù era molto goloso di lenticchie a zuppa, tanto da cedere la sua primogenitura al fratello in cambio di una porzione (Gn 25). Già da qui si deduce che l’alimentazione dei patriarchi era a base di farina e legumi, ma poiché erano allevatori nomadi non è da escludere che si nutrissero anche dei derivati del latte.
Isacco era inoltre ghiotto di cacciagione (Gn 27,3-4) e Abramo, quando ricevette la visita dei tre angeli offrì loro “un vitello tenero e buono” (Gn 18,6-8).
Vino e Olio d’Oliva
A ciò vanno aggiunti altri due prodotti di prima necessità che gli Israeliti abitualmente consumavano: vino e olio d’oliva (Dt 7,13; Ne 5,11; Os 2,8). La vite, dopo i cereali, era seconda per importanza nella scala alimentare in Israele. Questa pianta non soltanto forniva uva fresca come frutto (Nm 6,3; Dt 23,24) ma anche l’uva passa (1Sam 25,18; 30,12).
L’olio d’oliva era adoperato sia come alimento sia per la cottura degli alimenti. L’olio, come riportato nell’episodio della vedova di Sarepta (1Re 17,12), era ampiamente utilizzato e costituiva l’ingrediente fondamentale del pane e dei dolci (Es 29,2).
Molto consumato era anche il miele di api selvatiche recuperato dalle rocce o dagli alberi (Dt 32,13; 1Sam 14,25; 2Sam 17,29) anche se gli autori dell’Antico Testamento non riferiscono se gli ebrei, al pari degli egiziani, praticassero l’apicoltura. Il miele era una prelibatezza molto gradita (Sal 18,10; Pr 24,13) tant’è vero che la terra d’Israele era definita una terra di “latte e miele” (Es 3,8).
Le prescrizioni alimentari del popolo d’Israele
Degne di nota sono inoltre le diverse prescrizioni alimentari che il popolo di Israele avrebbe dovuto rispettare, specificate nel capitolo 11 del Levitico: “Non rendete le vostre persone abominevoli con alcuno di questi animali … non vi rendete immondi per causa loro, in modo da rimaner così contaminati” (Lv 11,43-44).
L’esclusione di alcuni animali dalla dieta era legata a ragioni di purità. Il maiale, la lepre, il cammello, topi, lucertole, tartarughe e talpe, tutti i pesci privi di pinne e scaglie, molti uccelli, e alcuni insetti (ad eccezione di cavallette, grilli e le locuste, di cui si cibava anche Giovanni Battista, Mt 1,7) non dovevano essere né mangiati né toccati perché creduti impuri.
È molto probabile che queste usanze fossero legate a ragioni igienico-sanitarie, impreziosite da principi etico-religiosi. Fu poi Gesù stesso a invalidare queste prescrizioni: “Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo! Perché tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna” (Mt 15,11-17).
È da sottolineare comunque che nell’Antico Testamento il pasto aveva una notevole rilevanza sociale. Ogni avvenimento importante veniva di solito suggellato da un pasto, in particolare i banchetti sacri che accompagnavano le feste o i sacrifici nelle religioni cananee. Ma anche il semplice riunirsi in famiglia attorno alla tavola creava intimità e convivialità tra i commensali: condividere il pasto era come condividere la vita.
Adamo ed Eva erano vegetariani?
Ci sono diverse notazioni letterarie che affermano che l’alimentazione vegetariana e vegana abbia origini bibliche, se non addirittura divine. Nel Genesi, Dio dopo aver creato l’uomo gli affidò la custodia del creato e di tutti gli esseri viventi, quanto alla fonte del loro nutrimento, Egli disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde” (Gn 1,29-30).
In principio l’uomo era dunque vegetariano, pure gli animali erano vegetariani: tutte le creature, secondo la Scrittura, sono vegetariane! Mangiare carne infatti implica uccidere un vivente e ciò non può mai essere conforme alla volontà di Dio,
nell’Eden tutti vivono in armonia e questo scenario ideale torna sovente nei testi biblici a contenuto escatologico. Infatti Isaia sostiene che, alla fine dei tempi, riportando nel mondo le antiche condizioni che caratterizzavano il paradiso terrestre, “il lupo dimorerà con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e così faranno la vacca e l’orsa e i loro piccoli e il fanciullo giocherà con i serpenti; e addirittura il leone si ciberà di paglia, come il bue” (Is 11,6-8).
Quando l’uomo diventa carnivoro?
Secondo la Bibbia l’uomo iniziò a mangiare carne dopo il diluvio universale: “Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra.…. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi dò tutto questo, come già le verdi erbe” (Gn 9,1-3). La conseguenza del diluvio fu certamente la scomparsa delle foreste e la
riduzione degli alberi da frutto, pertanto la carne rappresentava l’unica fonte di sostentamento per l’uomo.
Le variazioni nelle abitudini alimentari, seppur nate da un’esigenza concreta, pare dunque che ebbero l’approvazione divina. D’altronde dopo la sua Risurrezione, Gesù mangiò del pesce arrostito con i suoi discepoli (Lc 24,42-43) e ciò sarebbe sufficiente a smentire tutte le teorie che vedrebbero il Messia vegetariano.
Cosa mangiava Gesù?
Tra gli evangelisti, Luca è stato quello che maggiormente ha posto l’accento sui pasti di Gesù durante il suo ministero ed è l’unico a riportare che tutte le apparizioni di Gesù risorto hanno avuto luogo nel contesto di un pasto.
È difficile risalire con esattezza all’alimentazione seguita da Gesù. Nei Vangeli spesso sono riportati banchetti e pranzi (il pranzo in casa di Levi o di Simone il fariseo, le nozze di Cana, Mt 9,10-11; Lc 7,36; Gv 21-11,) ma il menù di questi banchetti non è noto. D’altronde pare che il Messia fosse un buon commensale da come si evince in un passo del Vangelo di Matteo: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,18-19).
Anche se non è possibile sapere con precisione cosa mangiasse Gesù, sappiamo che il pane e il pesce rappresentano sempre la base della sua alimentazione.
Riguardo il pane, nella Bibbia si legge che viene preparato con farina di frumento (Mt 13,33; Lc 13,21) oppure con farina d’orzo (Gv 6,9; 13; 2Re 4,42), l’ingrediente abituale per la gente più povera. Il Nuovo Testamento riporta anche il metodo primitivo di utilizzare il grano: strappando le spighe fresche e sfregandole con le mani per rimuovere la pula (Mt 12,1; Mc 2,23; Lc 6,1; Lv 23,14; Dt 23,26).
Il pesce nelle Sacre Scritture tra simbolo e alimento
Dopo la Risurrezione abbiamo poc’anzi ricordato che i discepoli “Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro” (Lc 24,42-43). Del pesce si servì anche per sfamare i discepoli quando, dopo la Risurrezione, apparve sul lago di Tiberiade e cucinò il pesce per Pietro e gli altri (Gv 21,9-14).
Fino ad arrivare all’episodio più famoso della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc 6,34-44 e 8,1-9) dove il Messia sfama una gran moltitudine di persone.
I primi discepoli inoltre erano chiamati “pescatori” (Mc 1,16-20) e il pesce ha una simbologia importante nel cristianesimo delle origini. Agli inizi della Chiesa, il simbolo del pesce è stato una sorta di segno di riconoscimento per i cristiani. La parola greca pesce è un acrostico, ossia una parola composta dalle iniziali di altre parole. In greco, infatti, pesce si scrive ICHTHYS: le iniziali della professione di fede: Iesus Christos Theou Yios Soter (Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore).
Queste testimonianze sul “consumo di pesce” basterebbero a smentire tutte le teorie che vorrebbero che Gesù fosse vegetariano e condannasse l’uccisione di qualunque animale.
L’Agnello Pasquale nella tradizione ebraica
A sostegno di ciò c’è la spinosa questione che riguarda l’agnello.
Dai tempi di Mosè, gli Israeliti ogni 14 Nisan sacrificavano un agnello e lo mangiavano durante la cena di Pasqua. Gesù si astenne forse dal compiere questa usanza? I passi evangelici che riguardano l’infanzia di Gesù, seppur pochi, ci presentano una famiglia molto rispettosa delle usanze ebraiche. Dalla Scrittura sappiamo che quando Gesù aveva dodici anni si recò a Gerusalemme con i genitori per la Pasqua (il famoso episodio del ritrovamento nel Tempio, Lc 2,41-52) e si può immaginare che, a Gerusalemme, Gesù partecipasse a tutte le pratiche consuete legate alla festa, incluso il sacrificio dell’agnello, che poi, come tutti gli altri Israeliti, probabilmente mangiava arrostito.
I difensori del vegetariano e della teoria di Gesù vegetariano si appellano anche ad una interpretazione delle parole di Benedetto XVI. Il papa emerito nell’Omelia della Santa messa in Coena Domini del 2007 sostiene che “Gesù non ha mangiato l’agnello all’ultima cena”. In effetti il papa afferma che non mangiò l’agnello nella sua ultima cena ma non sostiene che non mangiò agnello durante le circa trentatré Pasque antecedenti.
L’agnello dell’Ultima Cena
Perché Gesù non mangiò l’agnello durante la sua ultima cena? Secondo quanto riportato nel Vangelo di Giovanni, Gesù fu ucciso alle tre del pomeriggio il 14 Nisan. La sera di quel giorno gli Israeliti avrebbero mangiato la Pasqua, ma Gesù era già morto. Per questa ragione, nella sua ultima cena certamente Gesù non mangiò l’agnello, ma non perché fosse vegetariano ma semplicemente non ebbe né il tempo né la possibilità di farlo. Giovanni, infatti, mirabilmente sfrutta la coincidenza tra la morte di Gesù e il sacrificio degli agnelli pasquali nel Tempio, per dimostrare che Egli era il vero Agnello immolato per la salvezza degli uomini.
Alla luce di tutto ciò dunque, mangiare carne o astenersene è una scelta libera e soggettiva, sulla quale né la Bibbia né il cristianesimo pongono il veto. La libertà di pensiero vale anche a tavola! Siamo dunque “condannati ad essere liberi” riportando le parole di Jean Paul Sartre, e questo pare che valga anche a tavola!!