Diabete giovanile: come predirne il rischio
Alcuni marcatori immunologici – gli Autoanticorpi Antibetacellula Pancreatica – possono predire il rischio di contrarre il diabete giovanile. Possono essere assai utili quando compaiano i primi sintomi per capire che si tratta di diabete e se trattasi di diabete tipo 2 (sovrappeso od obeso ed non insulinodipendente) da trattare con dieta ed esercizio fisico o più propriamente di tipo 1 (magro o normopeso ed insulinodipendente) da trattarsi esclusivamente con insulina.
È questo, in sintesi, il risultato di uno studio, pubblicato di recente su Acta Diabetologica, effettuato da un gruppo di specialisti dell’Università di Cagliari e dell’ospedale Brotzu. Fernanda Velluzzi (endocrinologa), Stefano Mariotti (direttore dipartimento scienze mediche), Marco Songini (direttore diabetologia azienda Brotzu) e Andrea Loviselli (endocrinologo, responsabile corso laurea Scienze motorie), in collaborazione con i colleghi del Bambin Gesu di Roma e dell’Italian Hospital di Londra.
Diabete giovanile e Autoanticorpi Antibetacellula Pancreatica: previsione possibile
“La Sardegna detiene il triste primato di un’altissima incidenza di diabete giovanile sei volte quella della penisola italiana, seconda nel mondo solo alla Finlandia. Questo tipo di diabete – spiega il diabetologo Marco Songini di Cagliari – non è eredofamiliare e quindi non è prevedibile la sua acuta insorgenza in bambini sino a quel momento apparentemente sani. In realtà, la malattia nascerebbe anche molto tempo prima ma non dà sintomi sino al momento della sua insorgenza acuta o addirittura al coma chetoacidosico, la cui causa può sfuggire alla diagnosi vista l’assenza ad oggi di marcatori di rischio”.
Lo studio, condotto su oltre ottomila scolari delle elementari e delle medie di 35 paesi e città della Sardegna, ha potuto identificare in oltre dieci anni di osservazione continua, dei marcatori immunologici che possono invece predire il rischio di contrarre il diabete giovanile.
“Inoltre, visto che gli sforzi dei diabetologi di tutto il mondo vertono sulla ricerca di fattori che possano bloccare questo processo immunologico (autoimmune) rivolto contro il proprio pancreas, la coorte – spiega ancora il Dr. Songini – di questi soggetti che non hanno ancora contratto diabete potrebbe se possibile e fattibile scientificamente essere sottoposta a trattamenti preventivi, capaci di ridurre o addirittura eliminare l’avanzata del danno del pancreas e quindi di evitare l’insorgere della malattia e la conseguente dipendenza dalla terapia insulinica”.