Strategie per il Diabete: intervista a Marco Songini
Il diabete è, ovunque nel mondo, in significativa crescita. Le stime più accreditate lo indicano addirittura come una possibile pandemia di questo secolo la cui crescita appare difficile da fronteggiare.
Con l’obiettivo di costruire un quadro d’insieme che permetta di focalizzare le maggiori criticità, ne abbiamo parlato con Marco Songini, Direttore della Struttura Complessa di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera G. Brotzu di Cagliari.
Dottor Songini, l’International Diabetes Federation prevede una crescita della diffusione del diabete tra il 2017 ed il 2045 di oltre il 48%. In quell’anno, le persone affette da diabete in tutto il mondo saranno 629 milioni. Quali sono i fattori chiave alla base di questo andamento?
Dobbiamo guardare innanzitutto all’alimentazione ed alle abitudini di vita. La globalizzazione o, se vogliamo, l’occidentalizzazione delle abitudini alimentari ha completamente cambiato i modelli alimentari ancora in essere pochi decenni or sono. Una pizza di oggi, per capirci, equivale a due pasti di un tempo: sono i condimenti, i cosiddetti topping, che in questo caso modificano completamente l’apporto calorico di una pizza tradizionale. Poi ci sono le abitudini di vita, sempre più sedentarie. Assistiamo ad una visibile riduzione dell’attività fisica: non solo in termini di pratica sportiva ma di quello sforzo fisico richiesto dall’attività lavorativa o dagli spostamenti. A tal proposito, giocano un ruolo negativo anche i canali di comunicazione digitale che ci permettono di relazionarci con gli altri senza muoverci da dove siamo.
Un terzo elemento è costituito dall’ambiente. Infatti, vi sono sostanze chimiche, i cosiddetti disturbatori endocrini, che alterano la secrezione di insulina favorendo l’instaurarsi del diabete.
L’Africa è il continente per il quale, nel medesimo periodo, ci si aspetta la maggiore crescita: addirittura il 156% nella parte centro meridionale ed il 110% in Nord Africa. D’altra parte, oggi Il 79% delle persone diabetiche vive in nazioni caratterizzate da un pil pro capite medio basso. Come si spiega questo fatto?
La causa va ricercata nella transizione alimentare anomala. Per usare una metafora, il problema sta nel passaggio da un’alimentazione “paleolitica” all’alimentazione McDonald.
In pratica, i nostri modelli alimentari sono rimasti abbastanza invariati fino alla rivoluzione industriale dell’800 o, forse, anche fino al termine della seconda guerra mondiale. Poi, l’espansione economica ha anche portato con se nuovi modelli alimentari e l’aumento delle calorie assunte. Così il nostro organismo non riesce a produrre la quantità di insulina necessaria per metabolizzare il cibo che viene assunto in quantità molto maggiori rispetto al passato.
Nel caso dell’Africa, esiste poi anche una problematica di natura genetica. Infatti, si tratta di popolazioni che hanno sviluppato un metabolismo di “risparmio energetico” molto efficiente in caso di carenza di cibo nell’ambiente (il fisico si adatta a assimilare e mettere da parte ogni piccola caloria introdotta per sopravvivere ai periodi di “magra”) ma che ha avuto come contropartita la predisposizione al diabete.
Sorprende la percentuale di pazienti diabetici non diagnosticati. Anche in paesi certamente dotati di sistemi sanitari validi, come quelli europei o gli USA, le stime parlano di valori vicini al 40%, cioè 4 su 10?
Il motivo è semplice: una glicemia un po’ alta non da sintomi, esattamente come una pressione moderatamente elevata. Quindi, se non vengono effettuati esami del sangue periodici, il fatto non emerge fino ad un evento che non lo riveli.
Dunque, dobbiamo aspettarci una crescita del numero dei pazienti diabetici. Il nostro Sistema Sanitario riuscirà a reggere l’urto della crescita del numero dei pazienti diabetici?
Secondo me no. La spesa sanitaria nei paesi ricchi si è costantemente ridotta da diversi anni mentre la pressione sulla stessa spesa sanitaria viene innanzitutto dalle malattie croniche quali il diabete.
E’ necessario puntare sull’autogestione di queste malattie da parte del paziente concentrando l’attività del medico, appunto, nel guidare il paziente in questa autogestione e nel controllo periodico dell’evoluzione della situazione. Il focus deve essere quello di prevenire le possibili complicanze della malattia cronica perché sono queste ultime ad accrescere l’impatto sulla spesa sanitaria.
Si stima che nel 2017, in tutto il mondo, si siano verificati 4 milioni di morti a causa del diabete. Le proiezioni sono però a tal proposito favorevoli, nel senso di una decrescita della percentuale di mortalità rispetto al numero dei malati. A cosa è dovuto? Ci curiamo meglio? Facciamo maggior prevenzione?
Si, ci curiamo molto meglio. C’è maggior attenzione alle abitudini di vita, ai livelli del colesterolo e così via. Dobbiamo poi tener presente come solo molto raramente si muoia di diabete ma, viceversa, i decessi avvengano per le complicanze della malattia. In primis per le complicanze cardiovascolari: anche in questo caso è proprio il miglioramento che si è registrato nelle capacità di cura e nell’attenzione alla prevenzione a far la differenza.