Ecografia della Milza e le sue applicazioni
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L’ ecografia della milza (detta anche ecografia splenica) è un sistema di indagine diagnostica medica basata sull’impiego degli ultrasoni. Questi sono “onde sonore” che a differenza dei fenomeni acustici comunemente conosciuti, presentano frequenze superiori a quelle mediamente udibili dall’ orecchio umano. Tale metodica, per i vantaggi di assenza di radiazioni, buona accettazione da parte del paziente, rapidità di esecuzione e basso costo, rappresenta il “gold standard” per eseguire esami preventivi e diagnostici di base rispetto a tecniche di indagine più complesse come TAC e Risonanza Magnetica.
L’ ecografia della milza si avvale dell’impiego di sonde a media frequenza (3.5- 5MHz) le quali, poste a contatto con la metà sinistra dell’addome superiore (in gergo medico “ipocondrio sinistro”), permettono di ottenere informazioni importanti sulla localizzazione, la morfologia, e l’eventuale presenza di anomalie dell’organo.
La milza svolge funzioni molto importanti. Funge infatti da “riserva di sangue” al quale il nostro organismo può attingere in caso di necessità; da “filtro” capace di rimuovere dal circolo sanguigno eritrociti, linfociti e piastrine invecchiati o malfunzionanti; partecipa alla risposta immunitaria contro agenti patogeni e particelle estranee. Proprio per queste funzioni essa è coinvolta in una lunghissima serie di patologie.
L’ ecografia della milza e le sue applicazioni
In generale, l’ecografia della milza trova applicazione nello studio di:
1. Anomalie congenite della milza
Le anomalie congenite sono dei difetti caratterizzati da un’anomala forma o struttura di uno o più organi presente sin dalla nascita. Esse possono interessare la milza nella sua totalità (per esempio assenza della milza, presenza di milze soprannumerarie o milze accessorie) oppure la sua posizione (milza ectopica o milza mobile)
2. Spenomagalie
Con questo termine si intende un aumento di volume della milza, che va oltre le normali dimensioni dell’organo. Le cause più comuni di splenomegalia sono di varia natura:
- flogistiche, vale a dire dovute ad una reazione del nostro organismo in difesa ad uno stimolo dannoso, come accade per esempio nella mononucleosi infettiva e nelle epatiti virali;
- congestizie, vale a dire per un eccessivo accumulo di sangue nell’organo, come si verifica nella cirrosi epatica, nella trombosi della vena porta o della vena splenica e nello scompenso cardiaco;
- oncologiche, vale a dire per l’infiltrazione dell’organo da parte di cellule tumorali come accade nei linfomi e nelle leucemie;
- per un “sovraccarico di lavoro” come nelle anemie emolitiche;
- per un accumulo patologico di proteine anomale come nell’amiloidosi.
L’ecografia della milza svolge un ruolo di conferma nel sospetto clinico di splenomegalia, consentendo la diagnosi differenziale con masse palpabili di altra natura. Permette inoltre, una definizione quantitativa dell’entità della splenomegalia (aumento di volume della milza) più precisa e riproducile rispetto all’esame obiettivo, al fine di valutare nel tempo le modificazioni dimensionali dell’organo, in rapporto all’andamento della malattia ed alla risposta alla terapia.
3. Lesioni focali spleniche
L’ecografia della milza permette di apprezzare la presenza di lesioni come calcificazioni, cisti, angiomi, ascessi e tumori con una sensibilità molto alta (prossima al 90%).
4. Raccolte liquide perispleniche
Con questo termine si intende la presenza di una raccolta di liquidi di varia natura (come o siero o sangue) nella cavità addominale. Esempi relativamente frequenti sono l’ascite secondaria alla cirrosi epatica o l’emoperitoneo secondario ad un trauma addominale.
5. Traumi addominali
L’ ecografia della milza svolge in questo caso un ruolo importante nella valutazione dei pazienti con trauma addominale, infatti l’organo più spesso interessato nei traumi dell’ addome è proprio la milza.
In tale ambito, l’ecografia può rilevare la presenza ed il tipo di lesione splenica (esempio lacerazione, rottura) e il conseguente spandimento ematico. Tale “spandimento” può avere sedi diverse: intraparenchimale, cioè nel contesto all’organo; in sede subcapsulare vale a dire al di sotto della sottile capsula fibrosa che riveste la milza stessa; peri-splenico, cioè posizionato nella cavità addominale).
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