Etichettatura Carni: cosa guardare
Anche per la carne di maiale, agnello e pollo sono in vigore nuove norme di etichettatura a garanzia del consumatore. Guardare l’etichetta è dunque la prima regola. Infatti è attivo il nuovo regolamento europeo con cui è stata estesa anche alle carni di questi animali le medesime norme impiegate per quelle bovine e che prevedono l’indicazione di origine, nonché il nome dello Stato dove l’animale è stato allevato e macellato. Dalle nuove norme di etichettatura delle carni, restano fuori dall’appello, per ora, solo le carni equine, di coniglio e di lepre che sono ancora in attesa di un analogo provvedimento di uniformità, non esteso ad esse, pare, per una mera dimenticanza del legislatore.
I Servizi di Sanità Pubblica, Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’Azienda Sanitaria di Firenze forniscono a questo proposito una serie di informazioni basilari per effettuare un acquisto ragionato di quello che mangeremo.
Etichettatura carni: escluse ancora carni preparate e trasformate
Le nuove regole si intendono valide solo per le carni fresche, congelate o surgelate, anche nel caso quest’ultime siano state sezionate o macinate. Restano invece escluse tutte quelle preparazioni a base di carne a cui siano stati aggiunti terzi ingredienti (spezie, pane, aromi, ecc.), nonché le carni trasformate come prosciutti, salumi ed altri insaccati.
Indicazione “Origine”
Se sull’etichetta, anziché l’indicazione del paese di allevamento e di quello di macellazione, dovesse comparire la dicitura “Origine” seguita dal nome della Nazione – ad esempio la scritta “Origine Italia” –, il consumatore sarà così stato informato che la carne che sta comprando è di un animale nato, allevato e macellato in quel Paese: nella fattispecie di un prodotto totalmente made in Italy. Diversamente, se un animale è nato o cresciuto in un Paese e solo successivamente trasportato in un altro dove è stato macellato, l’etichetta deve riportare entrambe le indicazioni.
Attenzione al luogo di allevamento
Se nessun dubbio può scaturire sul luogo di nascita e di macellazione di un animale, il paese di allevamento può dar adito a qualche equivoco. Il legislatore ha infatti stabilito che i suini si intendono allevati in un determinato Paese quando vi abbiano trascorso gli ultimi 4 mesi di vita (se vengono macellati quando hanno più di 6 mesi) oppure vi abbiano raggiunto un certo sviluppo (oltre 30 kg, per animali uccisi prima dei 6 mesi con un peso superiore agli 80 kg), oppure vi abbiano stanziato per l’intera fase di allevamento (se i suini sono stati macellati prima dei 6 mesi di vita, con un peso inferiore a 80 kg).
Per quanto riguarda ovini e caprini, questi si intendono allevati in un determinato Paese quando vi abbiano trascorso gli ultimi 6 mesi di vita (o la vita intera, se portati al macello prima dei 6 mesi di età). Il pollame, invece, si intende allevato nel Paese ove abbia trascorso l’ultimo mese (se allevato per oltre un mese), o almeno dove è stato messo all’ingrasso (se macellato prima di un mese di vita).
Dunque, se si vuol essere tranquilli di mangiare carne nostrana, “Origine Italia” è la dizione da cercare in etichetta.
Non molto chiare è come le nuove norme possano essere applicate, oltre che su alimenti preimballati, anche sulle “carni preincartate”, ossia lavorate nei laboratori interni di macellerie e pollerie, oppure esposte in vendita sui banchi dei medesimi esercizi. Infatti, mentre il regolamento CE 1760/2000 era perentorio nell’esprimere l’estensione alle informazioni obbligatorie anche per le carni sfuse preincartate, Il nuovo regolamento UE 1337/2013 pare non esserlo altrettanto. Ai competenti Ministeri della salute, dell’agricoltura e dello sviluppo economico sono state avanzate in proposito richieste di chiarimento.
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