Gli italiani non credono alla sigaretta elettronica, ma il fumo costa al SSN 3.4 miliardi all’anno
Gli italiani non credono alla sigaretta elettronica come rimedio per smettere di fumare. Anche se il fenomeno sembra avere preso piede in Italia – sempre più spesso si incontrano persone che “simulano” il piacere di una sigaretta affidandosi a questi apparecchi elettronici – solo il 13% crede sia una valida tecnica per smetterla con le sigarette.
Lo rileva l’ultima indagine dell’Osservatorio Sanitàdi Uni Salute – la compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza e assicurazione sanitaria – che ha preso in esame alcuni aspetti del legame tra fumo ed italiani. Un’indagine che arriva mentre in Italia si discute se e come regolamentarne l’uso nei luoghi pubblici e la loro promozione pubblicitaria.
Che a pesare sull’esito della ricerca siano state anche le polemiche sui suoi potenziali effetti dannosi alla salute?
In realtà gli italiani credono che l’unica rimedio per smetterla con il fumo sia legato alla reale forza di volontà di chi vuole smettere (64%) e sono scettici nei confronti di qualsiasi altra soluzione, che siano farmaci (13%), soluzioni alternative come ipnosi ed agopuntura (7%) o le soluzioni a base di nicotina come gomme e cerotti (3%).
Quella tra italiani e sigaretta è una relazione piuttosto stretta, se nel 2011 si calcolava che fossero 11,8 milioni i fumatori (circa il 22% della popolazione) e – dati ISTAT –circa 85 mila le persone che ogni anno perdono la vita in Italia per case attribuibili al fumo.
Quali incentivi – secondo gli italiani – potrebbero essere un buon deterrente per non avvicinare le persone al fumo o farli smettere? Una maggiore sensibilizzazione verso le conseguenze che il fumo arreca alla salute è la più caldeggiata (40%). Segue una misura che colpisca le tasche dei fumatori, con un aumento consistente del costo delle sigarette (31%) ed una campagna educativa nelle scuole organizzate dal Ministero (29%).
Proprio i giovani sono una delle fasce più attratte dalla sigaretta: secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità3 il 16% dei maschi e il 22% delle femmine tra i 15 e i 24 anni fuma. Un fenomeno sotto gli occhi di tutti se – come rileva l’Osservatorio UniSalute – il 20% degli italiani è preoccupato dell’alta percentuale di fumatori nella popolazioni giovanile. Gli aspetti più preoccupanti restano però quelli legati ai danni alla salute: quelli provocati dal fumo passivo nei non fumatori e nei bambini (38%) e quelli attivi nei fumatori (25%), mentre sono meno percepiti come un danno i costi che gravano sul Sistema Sanitario Nazionale per i danni provocati dal fumo (12%). Dal punto di vista della sostenibilità del nostro SSN l’incidenza è in realtà notevole, basti pensare che per il trattamento di pazienti affetti da patologie attribuibili al fumo di tabacco la spesa ospedaliera già qualche anno fa ammontava a circa 3,4 miliardi di euro mentre la spesa sanitaria complessiva era di oltre 7,5 miliardi di euro4 . È quindi chiaro che un’efficace attività di prevenzione per limitare sempre più l’utilizzo di sigarette e tabacco porterebbe benefici anche al sistema sanitario nazionale nel suo complesso, oltre che alla salute dei cittadini.
1 Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora ad inizio febbraio 2013 su di un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età (over 30), sesso ed area geografica.
2 L’Osservatorio Sanità di UniSalute, avviato nel 2002 con l’obiettivo di monitorare il mondo della sanità integrativa, si occupa oggi anche della percezione degli italiani su temi quali prevenzione, fiducia, competenza, conoscenza dei servizi sanitari pubblici e privati, oltre che sul ruolo del welfare sanitario in azienda.
3 Rapporto “Il fumo in Italia2011” realizzato dall’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’Istituto Superiore di sanità in collaborazione con la Doxa
4 Dati emersi da uno studio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – 2011