Le Interviste

Intervista con il Sindaco di Castel di Tora, Giovanni Orsini

Sindaco Orsini, quello che colpisce immediatamente entrando nel borgo di Castel di Tora è non solo il recupero effettuato sugli spazi pubblici ma i numerosi recuperi realizzati sulle abitazioni private. Come è stato possibile coinvolgere in questo modo i proprietari ?

Vede, in realtà, alle volte anche con pochi mezzi si possono raggiungere risultati significativi se si riesce ad instaurare un processo virtuoso che mette insieme amministrazione pubblica e cittadini. Nel nostro caso, dagli anni novanta a tutt’oggi, il comune con fondi del proprio bilancio ha avviato un programma di incentivi a favore dei cittadini che intervengo sulle proprie abitazioni. Non si trattava di cifre gigantesche, per la precisione il contributo era di quattro milioni di lire per ciascun proprietario, ma tanto bastò a coinvolgere più di 50 proprietari in attività di recupero degli immobili. Soprattutto, la concessione del contributo rese possibile ottenere quell’omogeneità di interventi che lei riscontra ancora adesso e, fatto ancor più importante, permise di stabilire un rapporto di fiducia tra uffici tecnici del Comune e proprietari: a tutt’oggi, quando qualcuno avvia i lavori sulla sua casa viene da noi, oltre che per i permessi, anche per consultarsi sulle soluzioni più idonee e più coerenti con l’impostazione generale. In realtà in questo caso, sono i particolari che contano, che danno quel senso di armonia: la scelta dei coppi per i tetti, gli infissi in legno, i canali di gronda in rame, l’eliminazione dei bagni pensili, il rivestimento delle strutture portanti dei balconi e così via.

 E per quanto riguarda le aree pubbliche, come vi siete mossi ?

Il Comune si è mosso su due binari.Il primo, di natura più concettuale, a braccetto con la Soprintendenza, finalizzato ad impostare in modo corretto ed omogeneo nel tempo le attività di recupero. Il secondo, che è l’attuazione pratica del primo, finalizzato alla realizzazione degli interventi. Intanto con la risistemazione di tutte le pavimentazioni pubbliche, che ci ha permesso anche di portare sotto traccia le utenze. Poi con il recupero dei beni monumentali, quali la nostra Chiesa Parrocchiale che abbiamo terminato nel 2008. E’infine recentissima la conclusione del restauro di due affreschi e di due tele custodite nella Chiesa grazie ai finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Varrone.

 E per il futuro ?

Stiamo per dare il via ad un’ulteriore gruppo di recuperi dedicato alle facciate degli immobili più importanti del borgo. Il Comune ha reperito fondi per 345.000 euro con i quali effettueremo interventi rilevanti, tra cui il recupero delle facciate dei palazzi presenti nella piazza della Chiesa.

Si tratta però anche di garantire che non succeda quello che purtroppo è successo ad altri borghi, bellissimi in sé ma circondati da costruzioni moderne che ne snaturano completamente le origini e li rendono, alla fine, molto poco attrattivi.

Questo da noi non si preoccupi che non succederà. Intanto ci sono leggi nazionali e regionali sull’edilizia che noi facciamo rispettare. Poi abbiamo un piano regolatore approvato fin dal 1982 e stiamo molto attenti alla sua applicazione: sappiamo troppo bene che il borgo è la nostra risorsa. Stiamo molto attenti anche all’ambiente circostante. Le faccio un esempio che è quello della gestione dei rifiuti ingombranti dove offriamo un servizio apposito proprio a garanzia del fatto che niente finisca buttato sulle sponde del lago.

Un altro grande intervento è stato quello del recupero del Borgo di Antuni. Mi permetta di dire che, per un comune delle vostre dimensioni, è un risultato particolarmente importante.

Certamente si è trattato di un risultato importante ma non solo dal punto di vista urbanistico perché ha avuto un profondo significato di impegno sociale. La storia, in breve, è che Antuni è appartenuto fino agli anni ’90 ai suoi ultimi feudatari, i principi Del Drago, che ne erano entrati in possesso in un’epoca in cui Castel di Tora e Antuni, separati dal fiume Turano, visto che la creazione del lago risale solo agli anni ’30, erano due realtà a se. Negli anni ’90 Antuni era ormai in condizioni assolutamente precarie ma erano anche ancora evidenti non solo la sua bellezza ma anche la potenzialità di ospitare comunità di dimensioni significative. Nacque cosi l’idea, insieme a Don Pierino Gelmini, di recuperare Antuni e costituirvi una comunità per la cura delle tossicodipendenze: reperimmo i fondi necessari anche dalla CEE e dai finanziamenti per il Giubileo e così riuscimmo a portare a termine quest’opera.

Oggi però Antuni è vuota.

Si, Don Pierino chiuse la comunità di Antuni perché negli anni si era via via ridotto il numero dei ragazzi da assistere e così gli immobili sono nuovamente nella disponibilità del comune che non sta però a guardare. Infatti, stiamo valutando con operatori del settore la possibilità di crearvi una struttura alberghiera importante ed esistono prospettive incoraggianti. Inoltre, sarà sede di un Museo Ambientale per la Riserva dei Monti Cervia e Navegna

 Albergo è sinonimo di turismo. Immagino che proprio il turismo sia la risorsa fondamentale di Castel di Tora. Come vanno le cose ?

Guardi, il turismo e Castel di Tora rappresentano una vicenda che parte da lontano. Negli anni ’30, quando sono stati realizzati i due laghi artificiali del Turano e del Salto, noi vivevamo di un’agricoltura di alta collina che oggi, probabilmente, non sarebbe più sostenibile e il nostro borgo sarebbe un ennesimo borgo fantasma. Poi arrivò il lago che, all’inizio, rappresentò un momento traumatico per la comunità castelvecchiese cambiando completamente la sua economia ma che oggi ha dimostrato di essere la sua salvezza. Noi siamo una comunità “invernale” di 250 persone che diventano 1.500 d’estate. Abbiamo un albergo, due agriturismi, un B&B, diversi ristoranti e un nutrito gruppo di pescatori e cacciatori che affittano le abitazioni del borgo come base per le loro escursioni. Da qualche tempo, si vedono acquisti di case da parte di persone che le utilizzano come case di vacanza, un fatto che ci da tranquillità per il futuro del borgo e per il prosieguo del suo recupero.

Un’ultima domanda, Castel di Tora fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia. Che significato ha per voi e cosa vi porta  ?

Mi lasci fare una battuta: quando lei è entrato in ufficio ha visto che stavo finendo di organizzare l’arrivo qui da noi di un pulman di turisti da Pistoia: quindi ancheoggi ilClubci ha portato 50 visitatori ! Scherzi a parte, noi siamo tra i dodici comuni soci fondatori del Club ed il nostro Vice Sindaco è anche il VicePresidente del Club stesso. Si è trattato, e lo è ancora, di un percorso importante per noi: innanzitutto perché ci consente un contatto ed un confronto continuo con un gruppo di circa 200 comuni assolutamente simili a noi da ogni punto di vista. Poi, perché si tratta di una vetrina che ci permette di proporci ad un mondo di persone interessate ad un turismo storico-ambientale che trova  nei borghi appartenenti al Club una destinazione ideale. Pensi che, dal punto di vista pratico, siamo il settimo comune in termini di click ricevuti sul portale del Club. Per finire, le dico anche che nel 2008 siamo stati nominati Borgo dell’Anno: non ha notato la pergamena giusto davanti alla mia porta ?

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ consigliere d’amministrazione di SanaRes, la prima rete d’imprese italiana nel comparto sanitario. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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