Operare l’ artrosi della spalla salvando l’osso
Come tutte le articolazioni anche quella della spalla può andare incontro ad una progressiva usura della cartilagine che ne riveste le superfici. Purtroppo, si tratta di una patologia che non tende a guarire, ma, anzi, a peggiorare con il tempo. Il processo, infatti, finisce per interessare progressivamente anche l’osso al di sotto della cartilagine articolare.
L’artrosi della spalla: osteofiti e geodi
Ciò avviene, in genere, in due modi: creando escrescenze ossee ( i cosiddetti “osteofiti”) che progressivamente vanno a limitare il movimento dell’articolazione oppure determinando dei “vuoti” o dei”fori” nell’osso ( i cosiddetti “geodi”) che ne riducono la resistenza. Un quinto della popolazione over 60 presenta dei segni clinici o radiografici dell’artrosi della spalla. Tale incidenza, anche se può apparire elevata, e’, tuttavia, inferiore a quella dell’artrosi di altre articolazioni che devono sostenere il peso del corpo, come l’anca od il ginocchio.
Il principale sintomo di un’artrosi di spalla è il dolore che, con il progredire della malattia, non è più solamente presente solo sotto sforzo, ma diventa presente anche a riposo e quindi quasi costante. Al dolore finiscono poi per associarsi una limitazione dei movimenti, un gonfiore e i cosiddetti “scrosci articolari”. cioè quei rumori determinati dallo sfregamento di una superficie ossea contro l’altra.
La Protesi della Spalla
Quando noi chirurghi ortopedici specialisti nella chirurgia della spalla ci troviamo di fronte ad una sofferenza importante su base artrosica non possiamo fare altro che impiantare una protesi artificiale che vada a sostituire l’estremità dell’omero (“la componente omerale”), la parte della scapola (“la componente glenoidea”) od entrambe. La componente omerale e’ normalmente costituita da uno “stelo”, che, come per l’anca, viene introdotto all’interno del canale midollare dell’omero e da una parte sferica che riproduce l’estremità sferica della testa dell’omero. La componente glenoidea e’, invece, oltre che sferica anche concava in modo da accogliere la parte sferica della componente omerale.
Da alcuni anni, però, quando almeno la metà del tessuto osseo della estremità prossimale dell’omero è intatto, è possibile sostituire solo il tessuto danneggiato impiantando una protesi di rivestimento, cioè una specie di “scudo” metallico che va a ricoprire la testa dell’omero, riportata durante l’intervento alla sua originaria forma sferica. Tale intervento consente quindi di risparmiare molto osso sano, di abbreviare i tempi chirurgici ed abbreviare anche i tempi di ripresa funzionale dell’articolazione operata. La chirurgia, si e’ spinta con il tempo ancora oltre: è, infatti, possibile ricorrere a protesi di “rivestimento parziale” in cui viene ricoperta e sostituita solo la parte d’osso inizialmente aggredita dal processo artrosico.
In conclusione, posso affermare che anche in Ortopedia deve valere sempre di più il concetto di prevenzione o ancor meglio di pronta cura dei problemi: chi meno aspetta più mantiene integro il proprio corpo e più rapidamente riprende tutta la funzione dell’articolazione causa di problemi !
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