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Sindrome del Bambino Scosso: che cos’è?

Piangere è l’unico strumento che il neonato ha per comunicare: può avere fame, sonno, caldo, freddo, il bisogno di essere cambiato o semplicemente di coccole e di un contatto fisico per essere rassicurato. Qualunque sia il motivo, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo. Anche se può sembrare un gesto banale, i danni sul bambino possono essere gravissimi, come nei casi di ematoma subdurale (conseguente al trauma cranico), edema cerebrale ed emorragia retinica. Queste problematiche sono tutte da attribuire allo “scuotimento” del bambino, che nei casi più gravi possono portare addirittura alla morte.
La Shaken Baby Syndrome, ovvero “sindrome del bambino scosso”, indica appunto quelle forme di abuso legate a violento scuotimento del bambino con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche. Oggi si preferisce adottare anche la più moderna definizione di Abusive Head Trauma (AHT), suggerita dall’American Academy of Pediatrics nel 2009, per sottolineare come non solo lo scuotimento, ma anche un impatto traumatico, o la combinazione di entrambi i meccanismi, possano essere alla base di tale patologia.
Al di là della definizione, la sindrome del bambino scosso rappresenta una forma di maltrattamento che può avere conseguenze drammatiche e la cui reale incidenza può essere davvero difficile da stabilire, non solo per la complessità della diagnosi, ma anche perché molte vittime non giungono all’attenzione dei medici.

Shaken Baby Syndrome: i fattori di d rischio

Fattori “di rischio” che aumentano la probabilità di AHT sono: famiglia mono-genitoriale, età materna inferiore ai 18 anni, basso livello di istruzione della madre, uso di alcool o sostanze stupefacenti, disoccupazione, episodi di violenza, da parte del partner o comunque in ambito familiare, e disagio sociale. Anche condizioni socioeconomiche scadenti comportano un rischio maggiore di violenza, a volte anche “inconsapevole” da parte di genitori esasperati, al solo scopo di consolare il pianto ininterrotto del neonato.
È molto difficile dire quanto violento o quanto protratto debba essere lo scuotimento per causare danno. Dalle “confessioni” dei responsabili, si evince che di solito il bambino viene afferrato a livello del torace o delle braccia e scosso energicamente circa 3-4 volte al secondo per 4-20 secondi.
L’impatto con una superficie rigida non è necessario e questo giustifica la possibile assenza di segni esterni evidenti. Si tratta in genere di bambini tra i 4 e i 6 mesi, non solo perché essi necessitano di cure costanti che possono esasperare genitori fragili, ma anche perché il loro capo è pesante rispetto al corpo e i muscoli del collo ancora non sono in grado di sostenerlo adeguatamente.

Le conseguenze della sindrome del bambino scosso

Le conseguenze cliniche immediate sono vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, irritabilità e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio.
A lungo termine i bambini possono presentare difficoltà di apprendimento, cecità, disturbi dell’udito o della parola, epilessia, disabilità fisica o cognitiva. E’ importante non sottovalutare i primi segni da parte del piccolo, campanello d’allarme per una corretta diagnosi.

Da un recente studio condotto in Scozia, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Svizzera, si evince che l’incidenza di AHT sarebbe di 14.7-38.5 casi/100.000 bambini. Il 25-30% delle piccole vittime muore e solo il 15% sopravvive senza esiti. In Italia non esistono dati certi sul fenomeno, si ritiene che l’incidenza possa essere di 3 casi ogni 10.000 bambini di età inferiore ad un anno, ma il dato potrebbe spaventosamente rappresentare solo la punta di un grande iceberg sommerso.

“Il neonatologo deve sempre aver presente la sindrome del bambino scosso, poiché questi casi di violenza sono meno rari di quanto si pensi e non possono sfuggire al sospetto del medico, che deve denunciare il reato alle autorità, come previsto dalla legge.” – afferma il Presidente della Società Italiana di Neonatologia Mauro Stronati – “Ma ha anche l’obbligo di informare adeguatamente i genitori sui danni che uno scuotimento può provocare. In molti studi si dimostra, infatti, come i genitori dichiarino di scuotere i loro figli solo per calmarli, inconsapevoli della gravità di un simile intervento. Una corretta e completa informazione ai genitori e alle famiglie è quindi importante affinché un gesto, a volte inconsapevole o addirittura benevolo, non si trasformi in un grave danno per il neonato.”

La Società Italiana di Neonatologia si è fatta portavoce di una campagna di sensibilizzazione al problema, in collaborazione con Terre des Hommes, che prevede anche la distribuzione di materiale informativo presso tutte le Neonatologie italiane.

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