La Medicina di Laboratorio e la sostenibilità del SSR: è possibile risparmiare senza penalizzare Qualità, Sicurezza ed Innovazione?
Il tema dell’appropriatezza o meglio dell’inappropriatezza nelle analisi di laboratorio è presente da tempo nel dibattito scientifico mentre si è affacciato solo di recente nelle delibere di alcune Regioni.
Un primo elemento certo è che l’eventuale inappropriatezza va valutata e sanata attraverso la collaborazione fra chi fa la richiesta (medico prescrittore) e professionista del laboratorio: l’inappropriatezza è, infatti, il risultato di un’insufficiente scambio di conoscenze fra chi richiede/utilizza il dato di laboratorio e chi esegue l’esame. Inoltre, l’inappropriatezza nella richiesta di esami di laboratorio è la punta di un iceberg e rivela la più generale inappropriatezza nel processo diagnostico-terapeutico. Infatti, l’inappropriatezza in medicina di laboratorio può svelare inefficienza e costi ingiustificati molto più significativi legati a inappropriata richiesta di diagnostiche strumentali, terapie e ricoveri ospedalieri. I dati evidenziano come il 70-80% delle più importanti decisioni cliniche necessitino o si basino sull’informazione di laboratorio e questo a fronte di costi che non superano il 3% dei budget sanitari. Quindi, non è il costo dell’inappropriatezza in medicina di laboratorio l’elemento che determina problemi di costi al Sistema Sanitario, ma è invece certo che i costi di questa inappropriatezza sono la spia di reali e ingenti sprechi nel sistema stesso.
La proposta di ANISAP per migliorare l’appropriatezza in medicina di laboratorio si articola attraverso strategie di breve e di medio-lungo periodo. Tra le misure immediatamente adottabili per assicurare risparmi nel breve termine per il Servizio Sanitario Nazionale, rientrano le seguenti:
- Introduzione del nuovo nomenclatore: la pulizia dal nomenclatore da esami obsoleti, è il primo passo. Viceversa, il nomenclatore dovrà ricomprendere quei nuovi test in grado di migliorare la salute e la gestione, anche economica, del paziente. Ad esempio, i peptici natriuretici sono essenziali per la gestione del pazienti con sospetto scompenso cardiaco. I dati evidenziano un risparmio di 2.000 euro per paziente con l’introduzione della determinazione del peptide natriuretico al momento dell’accesso presso il Dipartimento di Emergenza. Considerando che il DRG 127 (scompenso cardiaco) è diagnosticato per 140.000 ricoveri ospedalieri/anno, il risparmio per il SSN sarebbe attorno a 280 milioni di euro.
- Introduzione dell’obbligo di corredare la richiesta di esami con il sospetto clinico o il quesito diagnostico. Quest’informazione non solo è importante per valutare l’appropriatezza e dirigere meglio l’iter diagnostico di laboratorio, ma anche per migliorare l’interpretazione di diagnostiche complesse.
- Introduzione di alcune linee-guida. Il primo esempio è la linea-guida per la tiroide. Il risparmio di spesa è stato valutato in una Regione in 5.700.000 euro. Se generalizzata all’intero Paese, il risparmio arriverebbe a 80.000.000 di euro. Una seconda linea-guida, porterebbe all’introduzione come unico test nel sospetto di cardiopatia ischemica acuta della troponina cardiaca (I o T). A fronte della “cancellazione” di altri test obsoleti, il risparmio ed il vantaggio clinico sono documentati: infatti, il risparmio sul costo per le analisi di laboratorio di 20 euro, è assai superiore (1.500 euro) se valutato in rapporto alla gestione totale del paziente (giornate di degenza, DRG, accettazione/dimissione appropriata). Il risparmio in termini dei soli costi per indagini di laboratorio è di 16.000.000 di euro. Se, però, il risparmio viene valutato in termini globali per il SSN, si traduce nella cifra di 1.200.000.000 euro. Una terza linea-guida, in ambito oncologico, riguarda la richiesta del PSA (antigene prostatico specifico). Se fosse raccomandata la richiesta dell’esame in soggetti asintomatici solo a partire dai 50 anni, si ridurrebbe del 20% la richiesta (inappropriata) del test. Dal punto di vista economico, rifacendosi ai dati di una regione italiana, si avrebbe un risparmio di 616.000 euro che, proiettato su scala nazionale equivale, a circa 10.000.000 euro. Associando la richiesta mirata della frazione libera del PSA solo nel caso di valori di quest’ultimo compresi fra 2,5 e 10 mg/L, il risparmio potrebbe aumentare. La quarta linea-guida, ripresa dall’esperienza del NICE riguarda gli esami pre-operatori. Un calcolo grossolano porta ad ipotizzare, in Italia, un risparmio minimo di 30.000.000 di euro.
In definitiva, l’introduzione di queste semplici ed inattaccabili linee-guida si tradurrebbe nel risparmio di 136.000.000 euro in un anno, ma – considerando le ricadute globali in termini di gestione del paziente – porterebbero a risparmi dell’ordine di 1 miliardo e mezzo di euro.
Un cambio di Paradigma: la revisione strutturale del sistema di erogazione delle prestazioni diagnostiche e strumentali
Il principio è il medesimo di quello applicato al limite di rimborsabilità per i farmaci: rimborso garantito per tutto ciò che è scientificamente appropriato. Il superfluo è a carico del cittadino.
In primo luogo sarà necessario definire, con il contributo dei medici di famiglia, per ogni codice di esenzione la corretta periodizzazione degli esami da eseguire per il monitoraggio delle rispettive patologie.
Si tratta cioè di abbandonare il criterio di mercato (differenza di accesso secondo il reddito) per abbracciare il criterio di tutela della salute e cura della malattia. Le risorse dovranno essere spese per prevenire ed eliminare i fattori di rischio, per la diagnosi e cura delle malattie acute e per il monitoraggio delle malattie croniche secondo linee guida e protocolli diagnostici frutto di studi oramai pluriennali della medicina basata sulle evidenze.
Primo attore di questo cambio di paradigma sarà il medico di medicina generale che con strumenti semplici, (tessere sanitarie con memoria magnetica o con cartelle cliniche cartacee), indirizzerà i propri assistiti ad eseguire test preventivi previsti con protocolli o accompagnerà i pazienti affetti da malattie croniche in un monitoraggio programmato della patologia.
Tutto ciò che è al di fuori, tutto il superfluo sarà a carico del singolo cittadino. Non cambiano i livelli minimi di assistenza dunque, ma il criterio di erogazione gratuita delle prestazioni che viene garantita al cittadino malato fatti salvi i programmi di prevenzione.
Il medio-lungo temine
Di seguito una breve serie di proposte strategiche atte ad ottenere “risparmi” nel medio-lungo termine attraverso il continuo miglioramento dell’appropriatezza:
- Revisione, in collaborazione con gli specialisti clinici, dei percorsi diagnostico-terapeutici più rilevanti per identificare gli esami di laboratorio più appropriati, le performance qualitative, i tempi di risposta ed i criteri interpretativi basati sulle prove di efficacia. Il vero recupero di efficienza ed efficacia si può attuare solo rivedendo, anche alla luce dei test innovativi e delle migliorate prestazioni analitiche di alcuni esami “tradizionali”, il contributo del laboratorio clinico nei percorsi diagnostico-terapeutici.
- Riduzione dell’errore in medicina di laboratorio. Oggi il tasso di errore è dello 0,30%. Considerando che nel 30% dei casi di errore vi sono ricadute negative sul processo assistenziale (ripetizione di esami, ricorso ad esami strumentali ed invasivi, inappropriata somministrazione di farmaci, etc), i costi degli errori di laboratorio sono stimabili in alcuni miliardi di euro. Le fasi pre- e post-analitica (in particolare quella pre-analitica), sono più vulnerabili della fase analitica. L’adozione di indicatori extra-analitici di qualità e la revisione di processi correlati a questi indicatori può determinare significative riduzioni dell’errore e dei costi, umani ed economici associati.
Sostituzione, per alcune patologie, del quesito diagnostico alla richiesta di esami nell’impegnativa. L’esperienza, in particolare nell’area della coagulazione, ha dimostrato la convenienza della sostituzione del quesito diagnostico rispetto alla richiesta di numerosi, complessi e costosi test di laboratorio. Il razionale è evidente: nel caso che alcuni test di primo livello risultino negativi, è possibile evitare il ricorso ad altri e più complessi esami di laboratorio, con riduzione dei costi, abbreviazione del tempo di risposta e soddisfazione dell’utente. La proposta è di validare presso alcuni centri di riferimento questa strategia, identificando successivamente i dispositivi giuridico-amministrativi idonei a supportarla.