Trombosi in Gravidanza – Intervista con il Professor Mannucci
Trombosi in gravidanza: in occasione di un convegno scientifico organizzato dalla Fondazione Cá Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, SalutePiù ha avuto lì opportunità di intervistare il Professor Pier Mannuccio Mannucci, Direttore Scientifico di questa importante istituzione milanese, su questo tema.
Professor Mannucci, per una donna in gravidanza esiste un rischio di trombosi più elevato rispetto alla normalità e soprattutto nell’immediato post parto questo rischio si accresce ulteriormente. Può darci un’idea generale della numerosità dei casi e dell’entità del rischio ?
Il rischio di tromboembolismo venoso aumenta in gravidanza di circa cinque volte, rispetto ad una donna della medesima età, a causa di uno stato di ipercoaugulabilità del sangue. Ciò probabilmente perché l’organismo cerca di prevenire l’eventualità di un’emorragia post-partum. Possono esservi poi anche degli elementi fisiologici, come la compressione che l’utero gravido sulle vene che passano nell’addome.
Il rischio comunque varia in modo considerevole in funzione dell’età della futura mamma. Se questa ha vent’anni, parleremmo di un caso ogni 2.000 donne. Se invece ha quarant’anni, come ormai capita sempre più di frequente, allora il rischio diviene più elevato con circa un caso ogni 500 donne. Il periodo di maggiore rischio, però, non è la gravidanza, quanto il puerperio, cioè il periodo post-gravidanza, in particolare le prime quattro settimane dopo il parto, quando il rischio di trombosi diventa anche dieci volte più elevato. Si tratta di una conseguenza dello “stress” che subiscono i tessuti nel parto ed ancor più nel parto cesareo.
La trombosi può interessare organi diversi. Nel caso della gravidanza e del post parto, quali sono gli organi a rischio ?
Sono le vene in generale ed in particolare quelle delle gambe. Dalle vene il trombo può poi embolizzarsi e raggiungere anche i polmoni causando quella che è definita l’embolia polmonare. Dunque, il rischio fondamentale è quello del tromboembolismo venoso, laddove va poi tenuto presente come il trombo possa anche raggiungere, attraverso le vene, le arterie.
Trombosi in gravidanza: i Sintomi
Ci sono dei sintomi che dovrebbero allarmare le future mamme in relazione alla trombosi in gravidanza ?
Si certamente, sono i sintomi della trombosi venosa. Un gonfiore importante delle gambe, da non confondere con quel modesto gonfiore fisiologico che la gravidanza può portare con se. Comunque quando una gamba diventa gonfia, arrossata, dolente allora è probabile che non si tratti solo della stasi venosa determinata dalla presenza del feto con il conseguente maggior peso per gli arti ma che vi sia il rischio di occlusione delle vene e quindi di trombosi.
Esiste la possibilità di prevenire questi fenomeni ? Quali accorgimenti andrebbero adottati ?
Se la gestante non presenta fattori di rischio specifici, non vi sono accorgimenti particolari, se non quelli generali: una vita sana, movimento, evitare il fumo di sigaretta, una dieta equilibrata. Il problema si pone per le donne che hanno già avuto una trombosi in precedenza
In quanto il fattore ereditario nella trombosi in gravidanza è importante ?
Si. Il fattore ereditario è molto importante: avere avuto personalmente o in famiglia una storia di trombosi venosa o di embolia polmonare dovrebbe indurre la massima prudenza. In questo caso, siamo di fronte ad una “gravidanza a rischio” e quindi è necessaria una collaborazione tra ginecologi ed ematologi. Dunque, la paziente dovrebbe rivolgersi in primis al proprio ginecologo al quale spetterà poi di avviare la paziente verso l’iter diagnostico e terapeutico più opportuno.
In linea generale, possiamo dire che quella degli eventi trombotici in gravidanza è un’evenienza che va gestita in centri specializzati dove la paziente va affidata alle cure di ematologi ed internisti. La terapia da adottare è, infatti, quella cosiddetta anticoagulante.
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